sfacciata sfaccettatura

Flavie arrivo con incredibile ritardo a risponderti perché questa domanda, bellissima, mi ha riportato indietro di un bel po' di anni. Un periodo abbastanza complesso, odiato e amato! Racconto in breve perché ormai, dopo averci ripensato, tanto vale esorcizzarli certi ricordi! In terza liceo andammo in gita a Roma, per fare una full immersion nell'arte del rinascimento e dopo aver bazzicato in varie chiese, finimmo a San Luigi dei Francesi perché lì, nella Cappella Contarelli, vi è il ciclo pittorico dedicato a San Matteo, realizzato da Caravaggio. Sinceramente non avevo mai sentito parlare della Sindrome di Stendhal, non ne conoscevo il significato né i sintomi; fatto sta che mi ritrovai a fissare la Vocazione di san Matteo e ti giuro che la testa mi girò fortissimo, presi anche a tremare e fu veramente come se fossi finita nel panico. È un'opera imponente, di grandi dimensioni rispetto alle tele solite del rinascimento, solo alzare il capo per osservarne la grandezza ti fa perdere il fiato e l'equilibrio. La mia professoressa di arte (quella a cui devo di più) se ne accorse del mio malessere latente, e niente, mi spiegò che forse stavo vivendo proprio una cosa parecchio analoga alla Sindrome di Stendhal.
Di quel momento, che mi parve essere veramente infinito, ricordo vividamente la sensazione di panico perché il cuore mi batteva fortissimo e nonostante stessi internamente male non riuscivo a staccare gli occhi da quel buio trafitto dalla luce della salvezza, manco cercassi la mia redenzione in quella scena aggrappandomi agli sguardi dei soggetti raffigurati. Credo fu quello il momento in cui consacrai il mio amore a Caravaggio. Quella opera è così intensa che osservarla dal vivo dovrebbe essere una di quelle cose da fare prima di morire; guardare da vicino la mano di Cristo (raffigurata per ricordare in maniera speculare quella di Adamo ne la Creazione di Adamo di Michelangelo) ha un potere catartico che non saprei spiegarti, al di là della questione religiosa o meno. Penso che a farmi tremare, letteralmente, fu quel nero in cui Caravaggio ha sempre fatto annegare i personaggi delle sue opere, quel buio che quando lo osservi viene fuori dalla tela e ti avvolge, ti soffoca, e assieme al protagonista della scena cerchi di salvarti, di trovare una via di fuga. È di un realismo eccelso la Vocazione di San Matteo, le espressioni dei personaggi e anche il fatto che siano vestiti come se Caravaggio avesse ritratto ina scena contemporanea in una delle osterie da lui frequentate... Non lo so, solo ripensarci mi ha gettato in quel profondo limbo e sono finita con l'inondarti di parole e ricordi, perdonami! Grazie per la domanda ♡

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