sfacciata sfaccettatura

Sentivo solamente l'acqua colarmi addosso, sulla testa, sulle spalle, penetrare i tessuti degli abiti che indossavo sino a raggiungere le ossa. E poi fu solo un attimo, il tempo di ordinare ai miei cinque sensi di ritornare immediatamente al lavoro; alzai istintivamente gli occhi al cielo, convinto di ritrovarmi una nuvola di quelle dei fumetti che mi aveva seguito per, evidentemente incazzata con me, vomitarmi addosso il suo malcontento. Invece ciò che i miei occhi incontrarono furono due labbra rosse, piene, spalancate a mostrare denti bianchissimi, lingua e due occhi puntati su di me. In un lampo di scarsa lucidità capii che il mio attentatore non era solo, con lui c'era un altro ragazzino dalla pelle diafana e i capelli biondi, chiari quasi quanto la luna. Avrei dovuto permettere alla collera di prendere il sopravvento, urlare, sbraitare loro contro qualche minaccia sul fatto che ero un professore, che avrei potuto rendere il loro anno scolastico un vero Inferno. Ciò che feci, invece, fu fissare per pochi secondi la gomma verde del palloncino che mi era stato gettato addosso, in un gavettone generoso, per poi riportare la mia attenzione sulla fonte inesauribile di quella risata sfacciata. Ingenua. Puerile. Colorata. Splendida. E fu così che io, insegnante di storia dell'arte, dall'alto dei miei venticinque anni, capii di essermi preso una cotta imbarazzante per un sedicenne che presto avrei scoperto essere uno dei miei alunni.

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Mi è uscita questa roba Larry perché boh, non lo so. /// /// /// Ero appena uscito da scuola, reduce da una terribile giornata di scartoffie burocratiche e presentazioni varie. Il brutto di essere un novellino, insomma. Erano i primi di settembre, il sole era ancora vigoroso con i suoi raggi a incendiare il mondo, a scottare e colorare la pelle dell'umanità e io avrei solo voluto essere al mare, magari a sfidare le onde con la mia tavola da surf. Davvero, ero un grumo di stress vivente, sudato, stanco e tutto ciò di cui avevo bisogno in quel momento era tornare presto a casa e rintanarmi nella tranquillità del mio salotto, magari con della buona musica, subito dopo un bagno rilassante. Il punto è che il mio fato era stato abbozzato dalla mano malferma di un Dio ubriaco dotato di pessima ironia. Ora vi starete chiedendo... Perché? Insomma, cosa c'entra questo? Be', basti pensare che vi era sempre, e dico sempre qualche imprevisto appostato dietro all'angolo pronto a balzare fuori dall'ombra come una bestie feroce solo per poter sbranare ogni mio buon proposito di mantenere la calma, o comunque, disposta a distruggere ogni mio piccolo progetto. Quindi dopo essermi sforzato di fare mente locale per ricordare che strada dovessi imboccare per non perdere ulteriore tempo, subito dopo essermi lasciato alle spalle la facciata del liceo dove avrei insegnato per quell'anno, feci per percorrere la scorciatoia che mi avrebbe condotto dritto dritto alla mia bicicletta parcheggiata poco lontano. A quanto avevo potuto capire ero l'unico insegnante ad andare in giro con quel mezzo a due ruote, l'unico che probabilmente sarebbe stato preso costantemente in giro, tutti i giorni, non solo dai propri studenti ma anche dai colleghi di lavoro. D'accordo, con gli anni ero riuscito a farmi scivolare addosso tutte le frecciatine e le parole sarcastiche che ogni giorno mi venivano offerte, ero pur sempre Louis Tomlimson, andiamo! Non ero uno da scelte conformiste, dal gusto insapore; non mi ero mai fermato di fronte a niente, ero persino riuscito a sbarazzarmi dei bulli che ai tempi del liceo mi avevano preso di mira per la mia passione viscerale nei confronti delle bretelle. E ok, non per giustificarli ma come potevano essere biasimati se sfottevano uno che le indossava anche con i pantaloni della tuta? Ad ogni modo non mi va di tergiversare oltre e quindi sarò breve d'ora in poi. Feci per passare sotto al ponte che collegava il parco adiacente all'istituto al parcheggio e nell'esatto istante in cui il mio prede si alzava per spingermi in avanti, una doccia gelida mi travolse in pieno. Crudelmente. Sentii in maniera spietata il respiro morirmi nella gola, incepparsi all'altezza del pomo d'Adamo che sembrava essersi incastrato. Mi scoprii persino incapace di deglutire, di proferire parola. (1/2)

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